Meno Rifiuti più Benessere in 10 mosse

Meno Rifiuti Più Benessere“La crescita ecocompatibile è l’unica forma di futuro sostenibile, per l’Europa e per il mondo intero. L’industria e l’ambiente devono andare di pari passo, perché nel lungo periodo gli interessi di chi opera in questi due campi sono gli stessi” ( Commissario Europeo per l’Ambiente Janez Potočnik )

 

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PREMESSO CHE:

La produzione dei rifiuti è destinata ad aumentare a livello mondiale

L’ultimo rapporto della Banca Mondiale prevede che entro il 2025 il costo della bolletta-rifiuti sarà di 375 miliardi di dollari e che l’attuale produzione mondiale di rifiuti pari a 1,3 miliardi di tonnellate arriverà a 2,2 miliardi di tonnellate all’anno. Lo smaltimento dei rifiuti urbani che adesso costa alle comunità 205 miliardi di dollari, potrebbe quindi arrivare a raddoppiare (1).

L’Italia si colloca tra i paese membri meno performanti nella gestione dei rifiuti in Europa

La più recente relazione sulla gestione dei rifiuti urbani negli Stati membri del luglio scorso classifica i 27 Stati membri in base a 18 criteri, attribuendo bandiere verdi, arancioni e rosse per voci quali totale dei rifiuti riciclati, tariffe dello smaltimento dei rifiuti, violazioni della normativa europea. L’Italia occupa il 20° posto e viene indicata tra i 12 paesi membri che hanno basse performance di gestione dei rifiuti a causa di: politiche deboli o inesistenti di prevenzione dei rifiuti, assenza di incentivi alle alternative al conferimento in discarica e inadeguatezza delle infrastrutture per il trattamento dei rifiuti. L’Italia conferisce in discarica ancora quasi il 50% della usa produzione totale di rifiuti che ammonta a 15 milioni di tonnellate (2). Per capire cosa non funzioni basta guardare ai sei paesi membri che occupano i primi posti della classifica che già un recente rapporto della UE (3) portava ad esempio per i risultati ottenuti nel minimizzare il ricorso alla discarica, raggiungere alte percentuali di riciclo e gestire i loro rifiuti come una risorsa economica. Alla base delle migliori performance la creazione di condizioni che hanno reso la prevenzione, il riuso e il riciclo economicamente più vantaggiosi rispetto allo smaltimento in discarica o negli inceneritori attraverso politiche caratterizzate da una combinazione adeguata di strumenti giuridici, amministrativi ed economici. Per citare le più rilevanti l’applicazione di tasse sul conferimento in discarica e/o divieti di smaltimento in discarica per alcuni materiali riciclabili. Parallelamente l’applicazione di sistemi di conferimento “Pay-as-you-throw” che premiano gli utenti che producono meno rifiuto indifferenziato e l’applicazione di legislazioni di responsabilità estesa del produttore che assoggettano i produttori a pagare i costi economici generati dal ciclo di vita completo dei loro prodotti – fine vita incluso. In questo modo gli stati hanno raggiunto gli obiettivi e ottenuto con le tasse le risorse economiche necessarie per migliorare i sistemi di raccolta differenziata e riciclo.

Il Rapporto rifiuti Urbani 2012 dell’ISPRA non presenta miglioramenti di rilievo

Il Rapporto Rifiuti Urbani 2012 curato dall’ISPRA (4) non presenta miglioramenti con un aumento nella produzione di rifiuti urbani del 1,1% e ancora un corposo ricorso alla discarica come forma di smaltimento. Anche il consumo di imballaggi registra un aumento del 3% rispetto al 2009 (pari a 322 mila tonnellate circa), per un totale di 11 milioni di tonnellate. Dato che potrebbe confermare il mantenimento del terzo posto del nostro paese come produzione pro capite di imballaggi in Europa che il precedente Rapporto dell’Ispra 2011 riportava come dato riferito al 2008 (5). Eloquente il commento video registrato da parte dell’On. Gaetano Pecorella -Presidente della Commissione Parlamentare di inchiesta sul ciclo rifiuti- durante la sua presentazione “Questo rapporto ci documenta con i suoi dati statistici la situazione di arretratezza in cui versa l’Italia in questo settore, l’inadeguatezza delle sue strutture, la mancanza di un’adeguata programmazione e l’assenza di una cultura del rifiuto come ricchezza sia nelle pubbliche istituzione che nei cittadini” (6). Anche Sul giornale “LIBERAL”(6) è stato inoltre pubblicato un intervento dell’On. Pecorella in cui affermava «Berlino chiude gli inceneritori, noi siamo ancora alle discariche. La nostra strategia con i rifiuti è superata: per il futuro si dovrà puntare sul riutilizzo dei materiali, sviluppando la fase del recupero. Sono in Germania con la commissione. Qui i termovalorizzatori sono quasi superati e noi stiamo ancora a discutere di discariche. L`obiettivo che hanno in Germania è quello di arrivare al 90 per cento di riutilizzo. Il futuro è questo.” L’On. Ronchi presidente della Fondazione Sviluppo sostenibile ha recentemente affermato durante un convegno: “Il nostro Paese ha una gestione poco virtuosa dei suoi rifiuti con un’altissima percentuale di ricorso alla discarica, il 49% contro una media europea del 38%, e una bassa percentuale di riciclo effettivo (20%) essenzialmente per due motivi: ha una tra le più basse tassazioni sullo smaltimento in discarica (15 euro a tonnellate in Italia contro le 40 in Germania) e perdura nell’assegnare incentivi all’incenerimento anche senza recupero energetico: la metà dell’energia prodotta infatti accede a incentivi a prescindere dal rendimento dell’impianto” .

La roadmap europea indica come indispensabile un uso efficiente delle risorse

In totale ogni europeo consuma quasi 16 tonnellate di materie prime a testa , di cui la gran parte viene convertita in beni e il resto diventano rifiuti solidi o emissioni inquinanti. Si tratta di 5/6 tonnellate di rifiuti solidi pro capite, inclusi quelli pericolosi. Il Rapporto L’Italia del Riciclo 2011, curato dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile, riporta che l’Europa ha utilizzato 8 miliardi di tonnellate di materie prime nel periodo 2000 – 2007, incrementando del 25% l’uso di risorse naturali con un valore di importazioni nette per persona più alto del mondo. I dati relativi ai flussi di materia sono ormai così preoccupanti che già nel 2009 tre importanti studiosi come Paul Ekins, Bernd Meyer e Friedrich Schmidt-Bleek in uno dei documenti preparatori del primo World Resources Forum di Davos -Reducing Resource Consumption- (7) hanno indicato come un obiettivo da perseguire entro il 2050 quello di una società a 5-6 tonnellate pro capite annue di flusso di materia. La strategia “Europa 2020” e la sua iniziativa faro “Un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” (8) hanno avviato l’Europa verso una trasformazione necessaria per ridurre i consumi di risorse naturali delineando una tabella di marcia “per definire gli obiettivi di medio e lungo termine e i mezzi necessari per conseguirli”. A tale scopo il 20 settembre 2011 la Commissione Europea ha adottato la Comunicazione “Roadmap to a Resource Efficient Europe” (COM 571) che individua i settori economici che consumano più risorse e propone strumenti e indicatori che orientino l’azione in Europa e nel mondo definendo un piano per la competitività e la crescita che si fonda sull’impiego di meno risorse nella produzione e nel consumo di beni e che prevede la creazione di imprese e posti di lavoro in settori di attività quali il riciclaggio, la progettazione avanzata di prodotti, la sostituzione di materiali e l’ingegneria ambientale. La road map prevede per quanto concerne il capitolo sui rifiuti che entro il 2020 vengano gestiti come una risorsa e Il riciclaggio e il riuso dei rifiuti diventino opzioni economicamente interessanti per gli operatori pubblici e privati, grazie alla diffusione della raccolta differenziata e allo sviluppo di mercati funzionali per le materie prime secondarie.

La maggior parte dei comuni italiani non ha raggiunto gli obiettivi di raccolta differenziata ( 60%) previsti per legge al 2011

Tra i grandi Comuni con più di 100.000 abitanti solo Novara e Salerno hanno superato il 65 % di RD nel 2011 raggiungendo rispettivamente il 71,8 % e il 68,5 % di RD. Il rapporto 2012 Comuni Ricicloni (9) sulla base dei dati 2011 ha recentemente reso noto che nel nostro paese solo 1 Comune su 7 supera il 65% di raccolta differenziata dato che corrisponde al 13% dei comuni italiani ( 1123 su 8100). Per migliore il quadro nazionale e avere sempre più comuni che raggiungono gli obiettivi di legge ed una buona qualità dei materiali raccolti servirebbero maggiori risorse finanziarie di cui la maggioranza dei comuni non dispone. Volendo comparare la situazione dei comuni italiani con quella di paesi che fanno meglio di noi va detto che in Germania, Austria ed in generale nel nord Europa gli enti locali non devono nemmeno occuparsi della raccolta degli imballaggi poiché sono gli stessi produttori che devono organizzarla e pagarne i costi per intero. Non per sollevare da responsabilità individuali gli enti locali che non hanno lavorato bene ma per analizzare quali potrebbero essere gli spazi di miglioramento va detto che i comuni italiani che si fanno carico della RD ricevono dal Conai dei corrispettivi che sono molto più bassi di quelli che ricevono gli enti locali di altri paesi membri dell’Unione Europea. Questa situazione è determinata in parte dal fatto che il Consorzio Conai incassa dai propri associati un contributo complessivo di gran lunga inferiore di quello che viene incassato nel resto d’Europa e dal fatto che i comuni difficilmente riescono ad arrivare ad ottenere i corrispettivi più elevati di prima fascia che prevedono presenze bassissime di impurità nei materiali raccolti. L’ultimo accordo ANCI-Conai siglato dall’Anci nel 2009 contiene un drastico innalzamento del livello di purezza merceologica richiesto dei materiali raccolti che sta determinando gravi perdite economiche ai Comuni. Il concetto di favorire le raccolte differenziate con minore presenza di scarti è corretto ma il sistema attuale penalizza anche le amministrazioni comunali che hanno introdotto sistemi domiciliari e che si impegnano a promuovere una raccolta differenziata di qualità. Chi opera una raccolta degli imballaggi in plastica (e peggio ancora quando si opera una raccolta congiunta di plastica, lattine, barattoli) si trova spesso a non riuscire a rispettare i limiti nemmeno della seconda fascia poiché è molto difficile sradicare l’abitudine nelle persone a conferire oggetti in plastica che non sono imballaggi ma che vengono considerati scarti e non frazione merceologica similare come avviene per la carta da giornali raccolta insieme agli imballaggi in cartoncino e cartone. Partendo dal presupposto che la situazione degli Enti Locali potrà difficilmente migliorare -visto la fase di recessione economica- si rende pertanto necessaria l’apertura di un canale di dialogo con le aziende affinché scelgano di produrre volontariamente packaging e prodotti a basso impatto ambientale. Nel frattempo non resta che augurarsi che anche nel nostro paese venga attivata una leva economica al momento della progettazione/immissione degli imballaggi che preveda un calcolo del contributo a carico delle imprese sulla base della riciclabilità (e non solamente del peso) sul modello di altri paesi membri (11) che ha spinto la produzione verso imballaggi essenziali e totalmente riciclabili -affiancata da quelle legislazioni già operative all’estero che si sono rivelate efficaci citate in apertura del documento.

Il riciclo eco efficiente può diventare motore di un’economia green che crea nuovi posti di lavoro e riduce la dipendenza dalle importazioni di materie prime ed energia

Un recente studio dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia dal titolo “Il riciclo ecoefficiente” ha confermato gli esiti dello studio dell’AEA Agenzia Europea dell’Ambiente (10) contestualizzandoli rispetto agli impegni assunti dall’Italia per rispettare il Protocollo di Kyoto. Tale studio dimostra che “… un modesto incremento del 10% del riciclo industriale interno equivale al 57% dell’obbiettivo di efficienza energetica nazionale, al 15% dell’obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni climalteranti e a circa un terzo dell’obbiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 da conseguire con l’applicazione della direttiva Emission Trading.” Mentre il risparmio di emissioni climalteranti è già stato quantificato per il settore del riciclaggio, non lo si è ancora quantificato dettagliatamente per le attività di riduzione a monte ma i primi studi in materia indicano un rapporto di almeno 10 a 1 tra i vantaggi conseguiti dalle attività di riduzione confrontati con quelli delle attività di riciclaggio. Con la richiesta di certificati (denominabili ad esempio “azzurri” per la riduzione e “celesti” per il riciclaggio) si potrebbero creare moltissimi nuovi posti di lavoro nel settore delle aziende che operano nel settore della riduzione, del riciclaggio e compostaggio dei rifiuti. «In Europa – secondo Duccio Bianchi dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia che ha curato lo studio, – il settore del riciclo è il terzo della green economy per occupati e fatturato e il più dinamico, dopo le rinnovabili. Se si considerano però anche i processi di raccolta, diventa il settore più importante dell’economia verde, anche senza contare la filiera manifatturiera che poi re-immette quei materiali nel ciclo produttivo» Altrettanto importanti i numeri in Italia, dove «ci sono 3.000 aziende e 22.000 occupati sono nel riciclo, a cui si aggiungono i lavoratori delle 50.000 imprese di raccolta e gli addetti delle industrie manifatturiere». Un comparto che si è dimostrato, spiega Bianchi, in grado di resistere alla crisi meglio di altri, e che indica, oggi, una delle strade da intraprendere per tornare a crescere.

PERCHE’ QUESTO APPELLO ?

PERCHE’ CHIEDIAMO AL MONDO DELLA PRODUZIONE E DELLA DISTRIBUZIONE DI ADERIRE VOLONTARIAMENTE ALLE SEGUENTI RICHIESTE FINALIZZATE AD UNA PREVENZIONE DEI RIFIUTI DA IMBALLAGGIO E INCENTIVAZIONE DEL RIUTILIZZO RISPETTO AL CONSUMO USA E GETTA

Nella necessità di trovare delle soluzioni a quanto indicato nella premessa i soggetti promotori di questo appello rivolgono a tutte le aziende utilizzatrici di packaging e al mondo della distribuzione una serie di proposte attuabili -che possono dare risultati a breve termine- cogliendo l’occasione di un significativo evento di portata europea che si svolge dal 17 al 24 novembre mirato a sensibilizzare governi,aziende e cittadini sull’importanza della prevenzione dei rifiuti come la Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti SERR. Anche qualora gli enti locali possano arrivare a realizzare la migliore delle raccolte differenziate possibile, essendo il riciclaggio un processo industriale, il ruolo che possono giocare le aziende nell’immettere imballaggi che possano essere facilmente differenziati e riprocessati industrialmente è imprescindibile. Lo stesso dicasi per la prevenzione dei rifiuti poiché quando il prodotto e il packaging arrivano a scaffale i giochi sono ormai fatti. La fase di progettazione determina in larga misura il carico ambientale che il prodotto avrà durante tutte le fasi del ciclo di vita. La scelta di un materiale piuttosto che un altro inciderà su tutte le fasi a monte del processo, dall’estrazione delle materie prime, alla produzione di energia utilizzata per estrarle e lavorarle, ai trasporti, etc. Questa scelta sarà allo stesso determinante quando il prodotto dovrà essere smaltito. Il progettista e più in generale l’azienda che studia un nuovo prodotto non può esimersi dal considerare come questo prodotto potrà essere recuperato, riciclato o riutilizzato una volta che terminerà la sua funzione primaria. L’ecodesign applicato all’imballaggio è ormai una pratica diffusa e condivisa che ha maturato negli anni una serie di conoscenze e best practices fondamentali per ottimizzare le performance ambientali del prodotto. La variabile ambientale non può più essere sottovalutata, per questo motivo sono presenti sul mercato strumenti e tool in continua evoluzione di supporto alla fase progettuale. Il Life cycle assessment (LCA), è oggi una metodologia matura fondamentale per valutare le scelte progettuali in maniera oggettiva e specifica. Molte aziende ormai sanno di poter contare, sin dalla fase di progettazione del packaging, su tutta una serie di informazioni di alto livello tecnico e professionale che sia il consorzio Conai di riferimento sia esperti del settore sono in grado di fornire. L’Unione Europea ha d’altronde già da tempo preso in considerazione i temi della prevenzione e del riciclo dal 2006 all’interno delle comunicazioni chiamate “strategia tematica sulla prevenzione e il riciclo dei rifiuti” concludendo che la prevenzione deve influenzare “ l’intero ciclo di vita degli imballaggi – dall’estrazione delle materie prime allo smaltimento- non solo degli imballaggi ma anche dei prodotti imballati”. La situazione di profondo rosso in cui versano le casse degli enti locali spesso non permette di investire risorse in programmi di miglioramento quantitativo e qualitativo della raccolta differenziata anche se l’immissione di materiali di imballaggio da parte delle aziende, sempre più complessi e meno facili per i cittadini da individuare come conferimento, lo richiederebbe. Questo significa allo stesso tempo che gli enti locali non riescono più a sostenere i costi determinati da decisioni prese in fase di produzione che non contemplino l’eco efficienza ambientale ed economica e la piena riciclabilità del packaging. Scaricare tali costi sulle bollette dei rifiuti di un numero in costante aumento di nuclei famigliari già in difficoltà a causa della recessione economica si rivela un’arma a doppio taglio perché aumenta i casi di insolvenza e provoca una contrazione dei consumi delle famiglie. Assumersi la responsabilità dei propri prodotti dalla fase di produzione a quella di dismissione dovrà diventare il modus operandi delle aziende che intendono posizionarsi come sostenibili, oltre che uno dei principali indicatori che definiscono il livello conseguito di responsabilità sociale di impresa. Perseguire obiettivi condivisi che portino ad una riduzione dei rifiuti indifferenziati e a creare i presupposti per lo sviluppo di un’industria verde come quella del riciclo giova alla ripresa economica poiché, come si è visto dalla premessa di questo documento, non solamente si ottiene una riduzione dei costi di gestione dei rifiuti (e le bollette dei cittadini) ma si creano anche posti di lavoro. Entrando nel merito delle richieste si tratta di una serie di azioni possibili di prevenzione e riduzione degli imballaggi e articoli usa e getta supportate da alcuni esempi concreti ispirati a casi di successo già in vigore in altri paesi ed in coerenza con gli artt. 4, 8 (responsabilità estesa del produttore ERP) e 29 della direttiva 98/2008/CE recepita dal governo italiano attraverso il decreto legislativo 205/2010. Tale direttiva ha introdotto significative novità volte a rafforzare i principi della precauzione e prevenzione nella gestione dei rifiuti già regolamentati dagli articoli 179 e 180 del D.Lgs n.152 del 2006 ma spesso ignorati.

10 AZIONI PER L’INDUSTRIA UTILIZZATRICE DI PACKAGING E LA GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA DA METTERE IN PRATICA SENZA INDUGI E PROMUOVERE CON UN’APPROPRIATA COMUNICAZIONE


1) Sostituire tutti gli imballaggi non riciclabili, che impediscono un riciclo efficiente o che compromettono la qualità del riciclo con imballaggi riciclabili andando verso l’impiego di monomateriali (o imballaggi di più materiali, tra di loro facilmente separabili e per i quali esista una filiera del riciclo). Inoltre nell’impiego di materiali teoricamente riciclabili o compostabili come ad esempio il PLA (o acido Poli-lattico) va verificato se la filiera di raccolta esistente al momento sul territorio nazionale è in grado di gestire il materiale senza disfunzioni e se lo stesso può essere effettivamente compostato o riciclato con metodologie meccaniche o chimiche. Stessi accorgimenti sono applicabili dal mondo della grande distribuzione organizzata (GDO) per il packaging dei prodotti a marca propria e nei confezionamenti dei prodotti alimentari che avvengono nei punti vendita.

2) Ridurre il peso degli imballaggi con l’eliminazione dei doppi imballaggi e componenti accessori all’imballaggio superflui e la messa in commercio di prodotti iperconcentrati o allo stato solido. Tra i doppi imballaggi (o packaging secondario) di cui si può fare a meno ci sono le confezioni di cartoncino che contengono dentifrici o altri prodotti di detergenza per il corpo e gli involucri impiegati per avvolgere le due confezioni di caffè macinato utilizzati da molte marche note, sostituibili con una grafica dell’imballaggio primario che evidenzi l’impossibilità di un acquisto separato delle 2 unità. Alcuni componenti accessori dell’imballaggio, oltre a complicare conferimento e riciclaggio quando non separabili, costituiscono uno spreco evitabile come ad esempio tappi e fascette per richiudere le confezioni ma anche i manici dei flaconi. Si può tranquillamente tornare a fare a meno dei tappi a vite o a linguetta applicati a contenitori in tetrapack soprattutto quando termosaldati e difficilmente separabili. Esistono in commercio soluzioni riutilizzabili che possono assolvere alle stesse funzioni garantite dalle parti accessorie (come clip e mollette per richiudere le confezioni al posto delle fascette). Ripensare le formulazioni dei prodotti in particolare nel settore della detergenza dove il principale ingrediente è l’acqua e mettere a disposizione prodotti iperconcentrati o in forma solida si possono evitare tonnellate di plastica, ridurre i viaggi dei camion e le emissioni di Co2 complessive dovute alla produzione, distribuzione e riciclo del packaging.

3) Sostituire o eliminare negli imballaggi quelle componenti che ne impediscono o complicano il riciclaggio come le etichette sleeves e l’uso di additivi, coloranti e composti esterni. Le etichette sleeves che rivestono tutto il contenitore creano enormi problemi quando sono di diverso materiale plastico rispetto al contenitore che rivestono. Per motivi tecnici ed economici vengono scelte in PVC in molti casi e applicate su contenitori in PET. Questa pratica compromette il riciclaggio sin dalle prime fasi di selezione. A causa della sleeve in PVC il contenitore in PET non viene riconosciuto dai lettori ottici degli impianti di selezione automatica e viene scartato finendo in discarica o negli inceneritori visto anche l’insostenibilità economica della selezione e rimozione manuale dell’etichetta. Se le bottiglie di plastica delle bevande fossero tutte di PET trasparente la riciclabilità sarebbe ottimale (evitando selezioni per colore e massimizzando il valore del materiale riciclato) ed è per questo motivo che in Giappone è consentito produrre solo bottiglie trasparenti.

4) Ottimizzare l’impiego dei materiali e del design dei contenitori ai fini di un riciclo efficiente. Una nota marca ha lanciato una nuova confezione basica senza manico e in PET per un suo detersivo comunicando i motivi della scelta. Una riduzione dell’eterogeneità delle plastiche con l’utilizzo di polimeri più pregiati ai fini del riciclo è stata perseguita recentemente da aziende leader della GDO in Canada dove per il confezionamento in house verranno usati contenitori e vaschette termoformate in PET invece che in PVC . Questa decisione ha non solamente sottratto il pvc alle discariche e soprattutto dagli inceneritori (il pvc è il precursore delle famigerate diossine) ma sta condizionando anche le decisioni sul packaging che le aziende di marca stanno prendendo.

5) Promuovere l’uso di contenitori a rendere (anche in plastica infrangibile)

6) Utilizzare ove possibile materiale riciclato per realizzare il packaging al posto di materia vergine.

7) Adottare un sistema di marcatura/etichettatura degli imballaggi che possa comunicare in modo chiaro e trasparente al consumatore il grado di riciclabilità dell’imballaggio stesso. Sulla base di questo grado di riciclabilità potrebbe essere fissato il livello di contributo ambientale che tale imballaggio deve pagare al sistema di raccolta.

8) Nei punti vendita della GDO: favorire la nascita di circuiti specifici a “filiera breve” raccoltariciclo-riprodotto, anche con sistemi a cauzione come avviene ad esempio in molte catene GDO centro europee.

9) Nei punti vendita della GDO: eliminare l’imballaggio eccessivo e ridurre il consumo di sacchetti monouso per l’ortofrutta. Per quanto riguarda alcuni prodotti alimentari confezionati in loco (ad es i formaggi) è possibile ridurre l’imballaggio alla sola pellicola eliminando i vassoi in polistirolo. Nel settore ortofrutta si può ridurre il consumo di sacchetti monouso mettendo a disposizione dei clienti una soluzione riutilizzabile come i retini in cotone o poliestere proposti dalla campagna Porta la Sporta con l’iniziativa Mettila in rete.

10) Nei punti vendita della GDO: favorire un cambio di abitudini che spinga i cittadini consumatori al riutilizzo di contenitori portati da casa e all’adozione di prodotti con parti intercambiabili adatti all’uso multiplo in quanto unica strategia possibile ed efficace per ridurre il consumo usa e getta. Per quanto riguarda i prodotti acquistabili sfusi con contenitori riutilizzabili del settore detersivi e detergenti per la casa e la persona è stato rilevato da negozi specializzati in prodotti sfusi che, quanto più ampio è l’assortimento a disposizione dei clienti, tanto maggiore diventa lo smercio con questa modalità. La GDO può guidare le scelte dei consumatori dalle versioni usa e getta a versioni adatte all’uso multiplo mettendo a disposizione e valorizzando queste ultime. Partendo da un oggetto usato quotidianamente come lo spazzolino da denti va notato che l’offerta di modelli con testine intercambiabili è quasi inesistente o poco visibile. Solamente la Coop ha in assortimento un modello di spazzolino con testine intercambiabili a marca propria (realizzato in Italia) in tutti i punti vendita. Tutti i modelli di spazzolini presenti in assortimento sugli scaffali delle maggiori insegne della GDO sono spazzolini monouso che per lo più arrivano dalla Cina, tranne un unico modello che non è però capillarmente diffuso nei punti vendita.

NOTE

(1) Global Municipal Solid Waste Continues to Grow
http://www.worldwatch.org/global-municipal-solid-waste-continues-grow-0
(2 )Ambiente: un nuovo medagliere per la gestione dei rifiuti
http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?
reference=IP/12/888&format=HTML&aged=0&language=IT&guiLanguage=en
(3) Ambiente: l’alchimia dei rifiuti – come alcuni Stati membri li tramutano in risorsa (comunicato stampa)
http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?
reference=IP/12/369&format=HTML&aged=0&language=EN&guiLanguage=en
Rapporto: “Review of the Thematic Strategy on the prevention and recycling of waste”
http://ec.europa.eu/environment/waste/use.htm
(4) Rapporto Rifiuti Urbani 2012
http://www.isprambiente.gov.it/it/archivio/eventi/anno-2012/presentazione-rapporto-rifiuti-2012
(5) Rapporto rifiuti urbana Ispra 2011 Cap.6 Il contesto Europeo
http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/rapporti/rapporto-rifiuti2011/10-capitolo-6.pdf
(6) Dichiarazione su Liberal e video On.Gaetano Pecorella in occasione presentazione rapporto ISPRA 8 giugno
2012
http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=52031963
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=qCBnyi–rSQ
(7) Reducing Resource Consumption- Discussion Paper 2009/5
http://www.worldresourcesforum.org/declaration-world-resources-forum-sept-16-2009-0
(8) Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse /* COM/2011/0571 definitivo
http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?
reference=IP/11/1046&format=HTML&aged=1&language=IT&guiLanguage=it
(9) Dossier Comuni Ricicloni 2012
http://www.legambiente.it/contenuti/dossier/premiazione-comuni-ricicloni-2012
(10) AEA Environmental indicator report 2012
http://www.eea.europa.eu/publications/environmental-indicator-report-2012
(11) Vedasi ad esempio il nuovo sistema di calcolo del contributo che le aziende pagano in Francia introdotto dal 2012 da Eco Emballages il corrispettivo del nostro Conai. Per determinare il costo base del contributo ambientale oltre al peso dei materiali che lo compongono viene aggiunto un costo fisso per ogni unità che costituisce l’imballaggio (tappo, coperchio, etichetta, fascetta, astuccio,ecc). A questo importo può essere applicato un bonus ( sconto) del 2% una tantum se l’imballo è stato oggetto di iniziative di riduzione di peso o volume e un’ulteriore bonus del 2% se ne è stato promosso il riciclaggio con campagne di comunicazione, nuove etichettature, ecc. Se invece l’imballo è nella “lista nera” degli imballaggi “disturbatori” del riciclaggio viene addebitato un malus che può arrivare sino al 100% del contributo dovuto quando l’imballaggio non è riciclabile (ad esempio se utilizza etichette sleeves in PVC).
http://www.ecoemballages.fr/entreprises/actualites/nouveau-bareme-2012/

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