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Ho ricevuto alcuni giorni fa in redazione un’email del giovane consigliere comunale bassanese del Partito Democratico Antonio Fiorese.
Oggetto della missiva elettronica: “Urban Center”.
Il messaggio è stato inviato dall’esponente di maggioranza a seguito del mio recente articolo “Urban c’è?”, dedicato alla carente comunicazione e all’utilizzo pressoché inesistente – secondo i suoi originari scopi istituzionali – di quella che in via Porto di Brenta, sul lato B di palazzo Sturm, era stata inaugurata come “la casa trasparente dei cittadini”.
“Buongiorno Direttore – mi scrive Fiorese -. Ho letto da poco il suo interessante articolo in merito al (sotto)utilizzo dell’Urban Center cittadino, nato come luogo di incontro della città, ora semplicemente luogo di pochi e sconosciuti.”
“Volevo però farle notare – continua il consigliere comunale – che in tutto ciò un minimo di frequentazione del luogo c’è stata e c’è tuttora. Dati alla mano (aggiornati al 2015) l’UC cittadino grazie al progetto Aula Studio Serale ha avuto 2614 accessi da parte di studenti universitari del territorio, 175 giorni di apertura, più di 750 ore di volontariato a costo zero per la città grazie a studenti-cittadini che hanno messo a disposizione il loro tempo.”
Ringrazio Antonio Fiorese per questa sua critica dai toni cortesi e per quella che ha chiamato una “piccola precisazione” E chiedo quindi scusa ai numerosi frequentatori dell’Aula Studio Serale se in quell’articolo non li ho inseriti nel bilancio dell’attività dell’UC bassanese.
Colgo pertanto e intanto l’occasione di ricordare che effettivamente, nelle ore serali, quello che in un altro articolo avevo ribattezzato Urban Boh si anima di motivate presenze. Si tratta appunto dei giovani che aderiscono al progetto ASS (Aula Studio Serale), il quale – come apprendo dal sito bassanogiovane.eu – è riservato agli studenti universitari e mette a disposizione uno spazio per lo studio autogestito da studenti volontari in convenzione con il Comune e con l’Urban Center. Vi do anche gli orari del servizio, che possono subire variazioni: il lunedì, martedì e giovedì dalle 20 alle 24 e la domenica dalle 15 alle 22. “L’apertura – si legge nella scheda di presentazione online – garantisce un servizio continuativo oltre gli orari convenzionali della biblioteca.”
Preso atto di questa interessante e valevole realtà, devo comunque a mia volta esprimere una piccola precisazione.
E cioè che l’articolo in questione non si riferiva alle attività che comunque si svolgono all’interno dell’UC (avevo citato, ad esempio, le periodiche riunioni del Laboratorio di progettazione partecipata per il centro storico) ma all’evidente perdita di vista degli obiettivi per i quali l’Urban Center era nato. Ovvero l’ambizione di essere il luogo deputato al dialogo, alla comunicazione e al confronto sui progetti presenti e futuri della città.
Un “contenitore aperto” dove qualsiasi cittadino di buona volontà diventi consapevole delle trasformazioni in essere della sua città e del suo territorio al di là del filtro dei media e dei comunicati stampa dell’Amministrazione comunale. Un luogo fisico, dunque, di incontro e di civica partecipazione dove chiunque, varcandone l’ingresso, si senta “a casa propria” nel condividere le iniziative in divenire della Cosa Pubblica.
L’Aula Studio Serale è pertanto un’iniziativa lodevole e soprattutto molto utile, ma si tratta comunque di un progetto mirato a una specifica per quanto numerosa utenza e non sposta il baricentro del problema.
Oggi l’Urban Center rimane una sede anonima, senza più cartelli e orari di apertura comunicati all’esterno, senza un briciolo di richiamo per la cittadinanza che avrebbe dovuto essere invogliata a frequentarlo con quelle mostre, dibattiti, conferenze e altre iniziative che in passato ci sono anche state e che in origine dovevano far parte del bagaglio stabile di attività di questa “casa di vetro” rivelatasi col tempo molto fragile.
Nulla a che vedere con quel “luogo aperto di comunicazione, nel senso più ampio del termine, sull’idea di città” come l’aveva definito l’allora assessore comunale all’Urbanistica Rosanna Filippin nell’ottobre del 2010, quando l’UC emetteva i suoi primi vagiti. Sono passati sei anni e mezzo e sembra un secolo fa. Ora lo spazio di Palazzo Sturm, gestito dall’omonima Associazione Urban Center Bassano e comunque di competenza del Comune, non è più quella fucina propositiva e sperimentale di partecipazione attiva della città, è diventato “qualcos’altro”.
L’unico ripensamento rispetto al mio articolo “Urban c’è?” riguarda la domanda che mi ero posto in quella occasione, ovvero se di questa sede sottoutilizzata e mal comunicata ne abbiamo ancora bisogno.
Se è vero che col progetto ASS e con dati aggiornati al 2015 si sono verificati oltre due migliaia di accessi di Urban Students che necessitano di un ambiente serale dove studiare, è giusto che la sua porta – anche se in orari e giorni prefissati e per un pubblico riservato – continui ad aprirsi.
Studenti chiamati a prepararsi per i loro esami, mentre l’UC, per tutto il resto che non c’è, dovrebbe perlomeno prepararsi ad un esame di coscienza.